La moda responsabile decifrata, per consumare meglio
This publication is also available in: Français English (UK) Deutsch Español English (US)
È una delle industrie più potenti al mondo dal punto di vista economico, ma anche una delle più devastanti dal punto di vista ecologico, ambientale, umano e sanitario. L’industria della moda sta iniziando a destare preoccupazione e a spingere le persone a interrogarsi ed educarsi, per intraprendere la strada di una moda responsabile.
Fast fashion, l’impero della novità e dell’istantaneità a basso costo
Viviamo in una società in continua corsa alla novità o all’innovazione. Una corsa che coinvolge tutti i settori e soprattutto uno, la moda. Il detto dice che la moda è solo un eterno ritorno, tuttavia, anche se questo è un dato di fatto e sarebbe bene riutilizzare i nostri capi, notiamo un consumo che continua ad aumentare.
Questa continua rinascita e i cambiamenti di tendenza così rapidi come un battito di ciglia sono il credo della Fast fashion. Un modo di consumare devastante che propone capi al top della tendenza e che sfidano tutti i prezzi! Affascinante sulla carta, la sua realtà sta iniziando a preoccuparci tutti. Infatti, sebbene estremamente virtuosa dal punto di vista economico, questa industria causa danni ecologici e umani.
La sua idea: cavalcare la tendenza
Con l’influenza dei social media ai giorni nostri, la moda si trova presto al centro della scena. Molte influencer, come Camille Callen, con 1 milione di follower sul suo account Instagram @noholita, hanno come credo quello di presentare look diversi e nuovi capi quasi quotidianamente. Questi account, seguiti da milioni di follower, incoraggiano così una sovraccarico di consumo di moda, in cui sentiamo la necessità di acquistare costantemente gli ultimi capi usciti, per essere considerati “alla moda”.
Comportamenti incoraggiati dai migliaia di capi che escono ogni mese nei negozi di Fast fashion. Un concetto di moda, introdotto dal fondatore di Zara, Amancio Ortega Gaona, negli anni ’70.
Superare i creativi
L’idea di Ortega Gaona era di puntare sulle tendenze, producendo il più velocemente possibile e offrendo prezzi più accessibili. In breve, rendere il “lusso” accessibile a tutti.
Ecco perché molti stilisti hanno visto i loro modelli copiati e venduti a prezzi molto più allettanti dai negozi di Fast fashion. Molti designer hanno fatto appello alla giustizia per difendere le loro creazioni, ma invano…
Questo modello attrae soprattutto per i suoi costi. Magliette a 3 €, pantaloni a 10 € e saldi a volontà, con prodotti a 0 €… Una situazione che allerta molti, ma che continua ad attirare molti acquirenti.
Correre più veloce del tempo
Come suggerisce il suo nome, questa moda gioca sulla velocità. Perché sì, nell’universo della Fast fashion, bisogna essere veloci, perché il top che ordini oggi sarà già fuori moda tra 2 settimane.
Anche in negozio, questa mentalità del cambiamento è presente. In negozi come Zara, i capi cambiano scaffale ogni settimana per dare ai consumatori l’impressione di un continuo rinnovamento. E soprattutto, l’idea di dover acquistare sul momento, rischiando di perdere il capo se si torna il giorno dopo… Un’arte di manipolare i consumatori.
La realtà della Fast fashion
Certo, per offrire costantemente novità, bisogna fare alcuni compromessi. E per farlo, la Fast fashion ha messo da parte la sua moralità, la sua etica e il suo impegno ecologico.
A differenza di un designer che impiega diversi mesi per creare una maglietta a 25 € da zero, marchi come Shein o Boohoo dello stesso gruppo lo fanno in 2 settimane, con un prezzo di vendita di 5 €. E ciò si spiega con:
- la copia di modelli esistenti
- l’utilizzo di tessuti di scarsa qualità (a volte pieni di microplastica e pericolosi da indossare) e lavati nel modo più semplice con solventi tossici e altamente inquinanti
- la produzione in fabbriche dove il lavoro è subappaltato, in condizioni deplorevoli e talvolta non sicure, i diritti umani e del lavoro non rispettati, gli impiegati pagati meno del dovuto e i prodotti assemblati in serie
Un modo di consumare che mira all’estremo, con l’obiettivo di ottenere un rendimento sempre maggiore, tanto che si parla ora di ultra Fast fashion.
I consumatori sulla strada iniziativa di una moda responsabile
Il crollo del Rana Plaza, il lavoro degli Uiguri e altri lavoratori sfruttati rivelati, i rapporti sulla inquinamento delle acque e dell’aria vicino alle fabbriche, le malattie legate all’industria tessile, i reportage in cui si danno voce alle persone… Poco a poco, la realtà si insinua tra i lustrini e le paillettes e le coscienze si risvegliano.
Infatti, di fronte a constatazioni allarmanti e in un contesto in cui lo stato del pianeta preoccupa a tal punto da generare ondate di eco-ansia, sempre più persone desiderano informarsi sull’industria tessile e sulla moda responsabile, al fine di consumare in modo più consapevole.
Tuttavia, ci sono alcuni ostacoli sulla strada dei consumatori in cerca di una moda responsabile.
Evitare il greenwashing
Sentendosi minacciate, i marchi di Fast fashion hanno voluto aderire a iniziative di moda responsabile… O almeno dare questa impressione. Il greenwashing consiste nel maneggiare sottilmente il marketing, in particolare le parole, per far pensare che il marchio sia realizzato nelle giuste condizioni di una moda responsabile.
Ad esempio, un marchio potrebbe dire che i loro capi sono “ideati nel loro studio parigino”, anche se sono stati cuciti nel profondo della Cina da operai sottopagati. In cima al podio c’è il “made in France”, che può essere applicato anche a un capo prodotto in un magazzino fatiscente in Bangladesh, purché ci sia un dettaglio aggiunto in Francia.
Ecco perché fare una scelta di moda responsabile può essere una vera sfida, perché bisogna saper trovare la verità tra le righe dei discorsi che manipolano i consumatori.
Formarsi sulla moda responsabile
Oltre a non cadere nella trappola del greenwashing, la moda responsabile richiede una certa conoscenza per poter avere le chiavi per consumare nel modo migliore, rispettando i propri valori.
È davvero ecologico un cotone biologico o la sua produzione utilizza troppa acqua? Cosa si nasconde veramente dietro la viscosa che idealizziamo? Qual è il vero costo di un capo d’abbigliamento? Qual è l’impatto ambientale dell’invio dei pacchi?
Osserviamo quindi, parallelamente ai numerosi reportage che denunciano la Fast fashion e i suoi danni, la creazione di contenuti “educativi” per comprendere meglio l’industria tessile e avere le chiavi per avvicinarsi a una moda responsabile.
Contenuti per orientarsi verso la moda responsabile
Negli ultimi anni è emerso un nuovo formato di contenuto: i videodocumentari.
Questi video sono creati con lo scopo di analizzare un marchio e determinarne la posizione nella moda responsabile. Analizziamo il marchio da tutte le angolazioni, per scoprire quali sono le sue azioni, come vengono realizzati i suoi capi, come si posiziona e comunica il suo DNA e il suo impegno nel campo della moda responsabile, se il marchio è onesto e trasparente o se fa greenwashing…
Il tutto accompagnato da spiegazioni sulle fibre, sulla loro produzione, sulle etichette, sui metodi di produzione…
Tanti punti analizzati, per conoscere meglio l’immagine reale di un marchio e i suoi valori. Ma anche per imparare a valutare i marchi che ci interessano e sapere se il loro impegno corrisponde ai nostri valori o meno.
Così osserviamo, in questo clima di allarmi e cambiamenti, un risveglio delle coscienze tra i consumatori, e poco a poco anche tra i marchi, che si rendono conto che devono impegnarsi per cambiare al fine di continuare a fidelizzare la propria clientela, sempre più informata sul tema della moda responsabile.